A breve il Ministero dell’Istruzione e del Merito pubblicherà le linee guida del progetto sperimentale contro la violenza di genere. A seguire le osservazioni presentate dalla Uil Scuola Rua.
Onorevole Signor Ministro,
come saprà certamente il tema centrale scelto dalla Federazione Uil Scuola Rua per l’ultimo congresso nazionale è stato RISPETTO. Tema che Lei non manca di ribadire e che il Segretario generale, Giuseppe D’Aprile, utilizza insieme a COERENZA in ogni assemblea e occasione pubblica.
L’avvio di una fase di azione che parta dalle scuole per contrastare la violenza di genere è un atto che condividiamo e sosterremo. L’aver deciso di aprire una consultazione anche con le organizzazioni sindacali unitamente alle associazioni dei genitori e degli studenti è metodo che apprezziamo e che svilupperemo nel miglior modo.
Partendo da questi presupposti non possiamo non essere aperti ad ogni intervento che vada nella direzione di una maggiore attenzione ai comportamenti dei ragazzi, ai meccanismi di trasmissione dei saperi ma anche delle informazioni e delle tendenze, ai risvolti psicologici di azioni e reazioni che avvengono a scuola.
Riteniamo che punto di partenza di questo percorso sia la funzione affidata alla scuola costituzionale: educativa, in primo luogo, dei saperi, delle libertà, della coscienza critica. Riaffermare il ruolo dei docenti significa, in questo quadro di azione, ribadire la centralità della funzione docente come libera organizzazione dei tempi, dei programmi, delle azioni, delle misure di intervento e supporto al fine di garantire agli alunni quel percorso di crescita che porta alla “creazione” del cittadino del mondo consapevole. In queste azioni professionali gli insegnanti devono essere lasciati liberi ma non soli.
E’ per questo che l’interazione scuola – famiglia deve riscoprire le possibilità di scambio attraverso nuovi linguaggi. E’ questo un primo passo per un vero ‘patto educativo’ che abbia risvolti anche nel tessuto sociale.
L’organismo vivente della classe è una società in miniatura, osserva Gustavo Zagrebelsky. Essa prefigura e racconta la società che pensiamo di costruire: cooperativa, ugualitaria, amichevole o competitiva. Il dato contenuto nel documento – 5991 eventi violenti nel 2022 – mostra tutta l’urgenza di una mobilitazione culturale, che non deve essere solo scolastica. Riaffermiamo dunque l’importanza di azioni coordinate, più che l’inasprimento delle pene. Le cronache di questi tempi non possono essere lette fuori dall’azione politica, dall’impegno di una scuola che mette al centro la persona e la sua identità, in una cultura del rispetto.
Bene, dunque, le misure di prevenzione previste nel progetto di sperimentazione. Inappuntabile il richiamo all’art. 3 della Costituzione. Debole, e nei tratti inopportuno, il richiamo in apertura (nella premessa) al testo della Legge 107 che, contestata nel merito dagli insegnanti, ha mostrato nel tempo tutta la negatività di impianto.
Siamo incerti sull’effetto che una ‘nuova materia’ potrebbe avere sul piano di studi. Così come delineata nel progetto pilota potrebbe avere le caratteristiche della trasversalità e essere tema oggetto di attenzione da toccare, quando opportuno, nel corso del regolare svolgimento dei programmi.
Buona l’idea di lavorare per gruppi di discussione e consapevolezza. Tutta da definire l’interazione tra gli insegnanti, chiamati ad avere il ruolo di facilitatori/supervisori e gli psicologi. Il progetto prevede infatti il sostegno del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP) ma non ne delinea le aree di intervento né le modalità di supporto (se non nella predisposizione del materiale di studio per gli insegnanti). Propedeutica, ma non indispensabile, la previsione di testimonial per il coinvolgimento dei ragazzi.
L’idea di una scuola che utilizza risorse diverse, che parla con i ragazzi ‘qui e ora’, che collega emozioni, fisicità, corpo, pensiero, riflessione ci convince. Che questo debbano farlo gli insegnanti (su base volontaria o individuati dal dirigente) attraverso il metodo dei Gruppi Balint, nato per l’addestramento psicologico dei medici di famiglia, apre a qualche riflessione. Si punta sulla coscienza degli insegnanti più che sulla loro professionalità.
Secondo quanto definito nel progetto, gli insegnanti “delle scuole volontarie” saranno chiamati alla formazione ministeriale su materiali CNOP, alla costituzione dei gruppi psicologici di discussione (su base classe), alla funzione di animatore – moderatore del gruppo selezionato,
alla riunione del gruppo socio – psicologico di discussione e consapevolezza una volta alla settimana in orario extracurricolare per un periodo di tre mesi durante l’anno scolastico. Inoltre, i gruppi potranno essere supportati da esperti, avvocati, psicologi, assistenti sociali.
Il finanziamento di questo insieme di azioni dovrebbe essere realizzato attraverso i PON, programma intitolato “Per la Scuola – competenze e ambienti per l’apprendimento”. Progetto che dovrebbe avere una capienza economica adeguata e del quale dovrebbero essere informate le scuole.
Il richiamo, infine, al 25 novembre, appare come didascalico. Le date rappresentano momenti di bilancio e rilancio. Rispettare i tempi delle scuole significa anche organizzare le attività di contrasto alla violenza lungo tutto l’anno scolastico, con risorse adeguate e professionalità riconosciute. L’insieme delle ricadute sul lavoro di tutte le professionalità della scuola, insegnanti, dirigenti, segreterie, coordinatori scolastici, per la messa a terra del progetto sperimentale ma anche l’interazione con figure professionali esterne al sistema scolastico, obbligano ad un approfondimento specifico in termini di monte ore, retribuzione, assicurazione, apertura dei plessi, interazioni professionali, accesso alle risorse dei Pon, fondi interministeriali e pongono una domanda finale: è davvero questo che dobbiamo chiedere alla scuola?
Grati dell’occasione restiamo a disposizione per ogni approfondimento o azione si renda necessaria per sostenere il lavoro nelle scuole per il contrasto alla violenza di genere.