“Oggi è una bella giornata! La Scuola comunità si è risvegliata per difendere la democrazia e la partecipazione che è compito istituzionale della Scuola di Calamandrei, quella di tutti e di ognuno, quella dell’ascensore sociale che una norma liberticida e regressiva vorrebbe relegare al ruolo di ancella della produzione e del profitto e sostituirla con un tapis roulant che porti, magari anche precocemente i nostri ragazzi e gazze, in produzione.
Voglio dare atto alle nuove RSU di avere intrapreso un’azione di coinvolgimento della categoria con un’azione politica veramente importante che ha risvegliato una categoria demotivata e rassegnata. Le elezioni delle RSU dimostrano che il voto e la democrazia sono insostituibili in un paese democratico. Mi auguro che la politica ne prenda atto.
Ad oggi, vediamo solo gli effetti di una politica che non sa parlare più alle menti, al cuore delle persone ma solo agli interessi immediati in una sorta di conformismo che trasforma i cittadini in anonimi lavoratori e consumatori e che vorrebbe una scuola a sua immagine e somiglianza. Un linguaggio opposto a quello della scuola che trasmette ai propri alunni i valori e i principi della convivenza civile e della costituzione che mette al centro la persona.
La Scuola pubblica e statale è la soluzione non il problema. Ci sorge un sospetto, perché la si vuole trasformare? E chi la vuole cambiare o meglio a chi non piace? Non piace all’élite economica del paese e alle forze politiche che ne interpretano i desideri. Non piace al Governo.
Ce ne faremo una ragione e continueremo a chiedere a tutti, specie coloro che sulla costituzione hanno giurato di smettere la strada della controriforma del combinato disposto della legge 107 e del D.L. 36 e operare per un rilancio con nuovi investimenti sulla scuola laica, statale e libera di questo paese.
Investimenti che non possono essere quelli previsti dal PNRR, investimenti sulle cose e per gli interessi di altri che non vedono un centesimo destinato ai lavoratori e agli organici. Serve investire sulle persone e non solo sulle cose e non ci vengano a dire che ce lo chiede l’Europa.
A leggere il decreto-legge si evince senza neanche troppo sforzo che si realizzerebbe il desiderio a lungo perseguito da ambienti confindustriali, a partire dalla Fondazione Agnelli, di una scuola piegata agli interessi del profitto e della produzione.
Un attacco alla scuola costituzionale del paese che si è caratterizzato, prima definanziandola con tagli draconiani, 145.000 posti di lavoro (vi ricordate la mistica del maestro unico?) per poi, con la legge 107, tentare la mutazione genetica. Un pensiero unico che trovò ostacolo nel personale della scuola che ne è l’elemento costitutivo della vera scuola. Ora siamo alla seconda edizione la buona scuola 2 la vendetta e il prevalere del pensiero unico da inoculare come una medicina a dispetto del consenso e di un dibattito aperto e serio che coinvolga l’intera comunità nazionale. Oggi vediamo la stessa determinazione del Maggio 2015 e diciamo ancora No! Non capiscono? Sono proprio di coccio o impenitenti? Decidete voi.
Questa piazza è piccola per contenere la rabbia e la protesta di chi sta facendo una battaglia di civiltà, culturale, giuridica e sociale. Qui c’è l’intera comunità educante dal personale tutto, agli studenti, alle famiglie che chiedono un nuovo umanesimo in cui si rivedano le priorità di un paese che vuole guardare al futuro, al benessere sociale ed economico di tutti e non solo di alcuni. La scuola ha il compito di aprire le menti non di offuscarle e piegarle agli interessi dell’élite di questo paese, sia essa economica o politica; ha il compito di insegnare il pensiero critico e per farlo serve la libertà di chi insegna che potrà trasferirlo nella misura in cui può ragionare criticamente. Con la istituenda Scuola di Alta Specializzazione sarà impossibile farlo. Viene di fatto abolita la libertà di insegnamento a favore di un carrozzone burocratico costituito da Invalsi e Indire che non godono già di buona fama, almeno a giudicare dai giudizi della Corte dei conti.
Se si pensa poi che in Parlamento si approva una legge che esalta le competenze trasversali non cognitive per la felicità del gruppo della sussidiarietà e che si finanzia abbondantemente il 3°settore per tenere aperte le scuole in estate che di scuola non ha nulla, è facile capire l’evoluzione verso la privatizzazione del settore, in barba della stessa costituzione, magari attraverso la sempre invocata autonomia differenziata. Questa è stata la molla che ha fatto scattare la massiccia protesta di oggi, come sempre, magari, sbagliando, i lavoratori della scuola hanno dato ascolto alla loro coscienza professionale trascurando, ancora una volta, i loro interessi economici che pure ci sono e, con questo provvedimento, si aggravano consistentemente e che erano già alla base delle ragioni dello sciopero di dicembre.
Uno sciopero che chiedeva risorse aggiuntive e la libertà di contrattazione che con questo decreto è negata ulteriormente a favore della legge che ha mostrato di agire solo con divieti e riduzione dei diritti sindacali negando anche la mobilità e la stessa formazione che è materia di contratto e non di legge. Si stanno aggravando le condizioni di tutti i lavoratori: i precari letteralmente presi in giro dalla mistica dei concorsi e dalla meritocrazia che di fatto crea uno scontro tra poveri che fa male solo alla scuola e a chi la frequenta. In un paese civile, dopo lo scandalo dei test sbagliati, ci sarebbero dovuto essere le dimissioni di mezzo ministero e l’archiviazione del sistema dei concorsi che, invece, trova sostanza, così come è strutturato nel D.L. 36.
Per tutti poi si apre un contratto che non ha in sé le risorse sufficienti per fare ciò che l’atto di indirizzo chiede all’Aran. Una missione impossibile: più lavoro, più servizio più oneri, meno diritti e pochi soldi e solo per alcuni. In un comparto che rappresenta il fanalino di coda delle retribuzioni non solo in relazione all’Europa ma anche all’interno del pubblico impiego. Risorse insufficienti a compensare l’inflazione e a riportare il potere di acquisto delle retribuzioni aggravato anche dal mancato rinnovo del CCNL, scaduto da 41 mesi.
Mi pare che sia sufficiente anche per il personale della scuola, fin troppo paziente per iniziare quel risveglio di democrazia e solidarietà che non può che partire da questa Piazza che rappresenta la scuola, che gode la fiducia dei cittadini che la colloca al 4° posto dopo le Forze dell’Ordine, del Papa e del Presidente della Repubblica. Vedrete, magari ci vorrà tempo, ma ci ringrazieranno per avere intrapreso la strada della resistenza e lasciata quella della resilienza su cui abbiamo già dato”.