“Scioperiamo per restituire dignità ai lavoratori. Se si perde la dignità non c’è contratto che tenga. C’è bisogno di unità, sindacati, lavoratori della scuola, cittadini, abbiamo bisogno di tutti e non ci fermeremo certo qui. Non è vero che gli scioperi non servono. Ricordatevi la Legge 107. Fu proprio uno sciopero dei sindacati a fermarla. L’abbiamo smontata pezzo per pezzo, oggi non c’è più la chiamata diretta e i dirigenti sceriffi non hanno avuto alcun successo”. Così si è espresso il Segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi, durante il confronto tenutosi online il 9 maggio con i sei sindacati scuola organizzato da Orizzonte Scuola in coincidenza con la proclamazione ufficiale dello sciopero del 30 maggio.
“La riforma del reclutamento, la formazione e le risorse contrattuali insufficienti ci confermano ancora una volta che la comunità educante è sotto attacco e l’attacco viene dalla politica – ha spiegato –. Lo sciopero del 30 maggio sarà uno strumento di protesta contro i partiti e il Governo che vorrebbero mortificare ruolo e funzioni della Scuola costituzionale per curvarla alle sole ragioni della produzione e del mercato”.
Sul decreto reclutamento ha detto: “È una riforma inattuabile, senza logica democratica, serve per danneggiare un pezzo fondamentale del Paese, la scuola appunto, che risulta ai primi posti nelle classifiche di gradimento, dietro solo al Papa, al Presidente della Repubblica e alle forze dell’ordine”.
Quanto al PNRR, Turi ha precisato: “È un flop, non può esistere un investimento sulla scuola che non passi per il personale, per gli organici e per la riduzione degli alunni per classe. Qui avviene esattamente il contrario e il risultato è che si sta precarizzando tutto il sistema”.
Il Segretario generale della Uil Scuola, infine, ha sottolineato l’importanza dello sciopero come strumento di lotta ed ha aggiunto “Vi diranno che lo sciopero non serve a niente ma la verità è che molti governi sono caduti proprio sulle riforme della scuola, mi rendo conto che scioperare di questi tempi, significa fare un sacrificio economico importante ma se il mondo della scuola non dà un segno di vitalità, si rischia di tornare ad unmodello pre-democratico. Stavolta è necessario prendere posizione”.