Il 15 marzo Francesca Ricci (Segretaria nazionale Federazione Uil Scuola Rua) ha presentato una memoria sul “Contrasto ai crescenti episodi di violenze nei confronti degli insegnanti e del personale scolastico” nel corso della Audizione alla 7^Commissione Istruzione Senato della Repubblica
Memoria della Federazione Uil Scuola Rua
Ringraziamo la 7ª Commissione Istruzione del Senato della Repubblica per avere organizzato l’Audizione di oggi in tema di contrasto ai crescenti episodi di violenze nei confronti degli insegnanti e del personale scolastico.
La scuola riparte se si mette a punto un piano complessivo, un progetto per l’intero sistema di istruzione nazionale. La scuola ora merita attenzione. Serve un provvedimento organico, per pensare oggi, la scuola dei prossimi anni.
C’è bisogno di investimenti sulle persone per garantire un futuro migliore a questo paese che passa appunto attraverso la scuola. In una società immersa in un oceano di informazioni e permeata in ogni suo aspetto di tecnologia, il mondo della scuola è indotto ad alcune riflessioni: come sta cambiando il modo di apprendere dei nostri alunni e dei nostri studenti? Quali sono gli stili di apprendimento prevalenti e di conseguenza quali devono essere le metodologie di insegnamento? Quale deve essere il ruolo della Scuola all’interno di una società della conoscenza dove anche altre agenzie forniscono informazioni e formazione? Che cosa succede quando la Scuola non riesce ad intercettare i bisogni degli alunni e degli studenti?
Noi abbiamo da sempre pensato che la scuola, l’università, la ricerca, l’innovazione siano uno strumento importante per il nostro paese. Il nostro lavoro ci porta ad essere sempre in mezzo ai bimbi, agli adolescenti, ai giovani; il futuro è nelle loro e nelle nostre mani se la scuola saprà formare cittadini del mondo rispettosi dei principi di democrazia, di tolleranza, di libertà e di civile convivenza. È senz’altro necessario ripensare la scuola in questo momento storico ed al ruolo che occupa nella società. Il ruolo della scuola è quello di istruire gli alunni, di insegnare loro a pensare ed aiutarli ad inserirsi nella società in cui vivono. La scuola è luogo dove, tutti i giorni, milioni di adulti, bambini e giovani trascorrono moltissimo tempo assieme. La scuola è, poi, vissuta come un luogo fondamentale di socializzazione, in cui ci si confronta con la capacità di stabilire relazioni affettive significative con amici e amiche del proprio sesso e di quello opposto, facendo così le prove per come relazionarsi nella società più ampia. La scuola non è solo lo strumento per imparare a ‘leggere, scrivere e far di conto’ ma il luogo primo e privilegiato per la costruzione dell’eguaglianza sociale, al di fuori di qualsiasi meccanismo competitivo e di mercato.
Il tema oggetto dell’audizione di oggi è noto ma vorremmo riportare qui alcuni numeri che ne tratteggiano la dimensione.
Un istituto su cinque ha dovuto fare ricorso all’aiuto dei servizi sociali, nel 6 per cento dei casi è stato necessario ricorrere all’intervento della pubblica autorità e nel 7 per cento le intemperanze degli studenti hanno prodotto sanzioni economiche a carico delle famiglie. Negli istituti professionali le cose peggiorano, i servizi sociali hanno coadiuvato dirigenti e insegnanti nel 48 per cento de casi. Le famiglie che hanno dovuto risarcire la scuola sono il 13 per cento e l’intervento della pubblica autorità è stato necessario nel 20 per cento degli istituti. Negli istituti tecnici l’11 per cento delle famiglie è stato chiamato dal dirigente scolastico a risarcire il danno causato dal figlio o dalla figlia mentre nel 37 per cento degli istituti ragazzi hanno scontato la sanzione inflitta dal consiglio di classe con lavori utili alla scuola.
Dati che non hanno connotazioni territoriali né possono essere riferiti a sole situazioni di marginalità. Le prerogative delle azioni messe in atto e la frequenza di tali episodi hanno portato nelle scorse settimane ad un intervento del Ministro dell’Istruzione e del Merito.
«Occorre rimettere al centro il principio della responsabilità e restituire piena serenità al contesto lavorativo degli insegnanti e del personale scolastico, nonché al percorso formativo degli studenti». Per tali ragioni «i dirigenti scolastici sono invitati a segnalare tempestivamente al competente Ufficio Scolastico Regionale episodi di violenza ai danni del personale scolastico all’interno delle scuole. L’Ufficio scolastico regionale, valutata la segnalazione, la inoltrerà al Ministero dell’Istruzione e del Merito che, in relazione alle suddette fattispecie, richiederà l’intervento dell’Avvocatura generale dello Stato al fine di assicurare la rappresentanza e la difesa del personale della scuola, nelle sedi civili e penali» – sono queste le indicazioni del ministro Valditara nella nota inviata alle scuole l’8 febbraio.
Riteniamo proficuo, per connotare utilmente gli interventi, richiamare alcuni punti di attenzione che riguardano in modo specifico la scuola.
La scuola è comunità educante
Il principio che ne definisce sostanza e organizzazione è sancito nel contratto nazionale. Questo significa che ogni forma di intervento va assunta guardando alla scuola non come uno schermo piatto su cui trasmettere interventi ma come un complesso intreccio di relazioni umane, sociali e professionali.
«La classe è una società in miniatura che non vive in una bolla, bensì in un rapporto con la società in generale. La preannuncia. La costruzione di una classe può essere vista come una prefigurazione, una promessa, un’immagine della società che vogliamo costruire, competitiva, discriminatoria, violenta oppure cooperativa, ugualitaria. amichevole».
«Dunque, in ogni caso, nel bene e nel male, è un contributo all’opera di edificazione sociale. In un certo senso è un tassello politico. Non è, però, immune dalle influenze esercitate dagli «ambienti» in cui questo tassello è inserito: dalle famiglie, dalle religioni, dalla politica, dalla cultura d’insieme. Di conseguenza, l’autonomia delle strategie educative a disposizione della scuola è comunque limitata, nel bene e nel male».
Così si esprime il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky (La lezione, Einaudi, 2022).
Saper leggere le trasformazioni sociali in atto
Cercare strategie condivise che possano aiutare il personale scolastico, gli alunni e le famiglie a uscire da queste situazioni è compito collettivo, della politica, del sindacato, del tessuto sociale. Cercare colpevoli sui quali scaricare le responsabilità non porta lontano. Gli strumenti da utilizzare sono dialogo e mediazione. Compito primario di chi fa scuola è di interpretare i segnali che arrivano e ciò è possibile solo ponendosi in una posizione di ascolto. Contro gli episodi di violenza bisogna intervenire creando comunità con i ragazzi e coinvolgendo le famiglie, che spesso sono l’anello debole della catena. In alcuni istituti i genitori non si presentano ai colloqui perché non ne sono a conoscenza. La tecnologia è gestita dagli alunni. Occorre recuperare quel prestigio sociale che spetta all’istruzione partendo da una retribuzione adeguata ed elogiando l’ottimo lavoro che tutti i giorni viene svolto nelle nostre scuole. I docenti evitano, quando possono, di rivolgersi alle autorità: tentano di far comprendere ai diretti interessati gli errori che commettono per evitare che li ripetano. Ma sono costretti a sopportare umiliazioni e perfino minacce. La situazione è delicata perché non si può non notare che la classe docente ha accumulato una stanchezza addosso che mal si adatta alla natura stessa della loro professione.
Responsabilità e serenità: l’equilibrio che sorregge la comunità scolastica è delicato.
Registriamo interventi caratterizzati da esiguità di risorse e scarsa organicità. Guardiamo, ad esempio, all’istituzione del servizio di psicologia scolastica – misura a tempo e dal budget limitato – che risente di questo modo di procedere che insegue le emergenze piuttosto che pianificare azioni e obiettivi. Tutto il coordinamento, nelle sue diverse forme, ricade – la norma lo definisce “ruolo d’impulso” – sul dirigente scolastico che, su richiesta dei consigli di classe, dispone la partecipazione dello psicologo scolastico alle lezioni, al fine di osservare il clima relazionale esistente e di migliorarne l’efficacia.
Uno dei compiti principali del dirigente scolastico – unitamente e d’intesa con il corpo docente – è quello di indirizzare le nuove generazioni verso il pieno rispetto delle regole della convivenza civile, dei diritti di cittadinanza, del vivere. Al dirigente scolastico non si può chiedere di scegliere fra la correttezza delle procedure e l’ordine delle carte o la funzione educativa della scuola, perché la priorità è la formazione di cittadini consapevoli e responsabili. In questo contesto di azione le scuole vivono il moltiplicarsi di fenomeni di violenza che gli studenti rivolgono spesso contro se stessi prima che sugli altri. Fatti che non possono occupare le pagine di cronaca e poi essere archiviate.
Nella scuola dei grandi numeri
l’insuccesso, l’abbandono, la discontinuità, le ripetenze rischiano di apparire come una quota, una percentuale da considerare come inevitabile. Gli studenti però non sono numeri. L’analisi statistica degli atti di violenza, come quella della dispersione scolastica, spesso non riesce a leggere i fenomeni di disagio che ne sono causa. Si sovrappone il risultato statistico alle ragioni (sociali, economiche, territoriali) e alle condizioni (familiari, culturali, di apprendimento). Appare dunque cruciale considerare questo tema nella sua complessità e nella sua dimensione di fenomeno che dipende da condizioni – anche – esterne alla scuola.
Come uscirne
- Rafforzare il ruolo insegnanti
- Accrescere il dialogo con i genitori
- Rivedere le regole della partecipazione (Organi collegiali)
- Dare valore al lavoro che si fa a scuola
- Ridisegnare le regole del linguaggio pubblico.