Sulle indicazioni del c.d. “Piano estivo” ipotizzato dal Governo è intervenuto il Segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi, che ha innanzitutto osservato che si sarebbe dovuto parlare di scuola e non di attività socio-assistenziali estive. Turi ha anche detto che abbiamo in servizio un corpo docente dove un insegnante su quattro è precario, le aule sono troppo piccole per garantire la sicurezza e la qualità della didattica, i concorsi hanno mostrato tutta la loro inefficacia per il reclutamento e si continua a lavorare per ‘pezzi di scuola’. La costruzione di un ponte tra due anni scolastici( 202/21 e 2021/22) può anche andare bene ma evitiamo le commistioni e le pastoie narrative. Distinguiamo gli aspetti socio-assistenziali da quelli prettamente didattici. Ciò che manca sono solo i finanziamenti relativi al recupero degli apprendimenti che non sono delegabili a coloro che svolgono attività complementari, quali la musica, l’ arte e lo sport.
E’ difficile pensare che con oltre duecentomila precari si possa fare scuola anche il prossimo anno scolastico. L’eccezionalità del momento richiede, invece, la massima attenzione ma offre anche grandi opportunità: il lavoro delle persone è il punto che ci sta più a cuore – ha aggiunto Turi – siamo pronti al confronto ed a soluzioni condivise. Investire cinquecento milioni in attività che possano dare aiuto alle famiglie e compensare il vuoto di socialità – ha sottolineato Turi – non deve, a nostro parere, surrogare l’istituzione scolastica, confondendola con altre attività.
Non possiamo pensare di iniziare un altro anno scolastico con le stesse inadeguatezze strutturali e con le stesse incongruenze amministrative del corrente anno che sta per concludersi. Il “Piano estivo” è solo una pagina di un libro molto più grande da leggere. Il PNRR è il contesto al quale vogliamo guardare, anche se è il caso di considerare che senza la condivisione ed il coinvolgimento delle persone diventerà l’ennesima scommessa per rinnovare il Paese. Vogliamo lavorare considerando la scuola come un insieme, una comunità che ha le fondamenta nei valori della Costituzione che nessuna tecnocrazia ha il diritto di disapplicare. Serve naturalmente un progetto culturale.